Cosa significa “mangiare la foglia”

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L’espressione ‘mangiare la foglia‘ è molto utilizzata nel linguaggio comune. Vi siete mai chiesti cosa significhi esattamente e quale origine abbia?

Significa intuire in anticipo, capire una cosa al volo, evitando in questo modo un pericolo. Chi “mangia la foglia” è una persona che è abile a capire il significato più oscuro di una frase, di un discorso oppure che intuisce che le cose stanno diversamente da come vengono presentate.

Origine dell’espressione

Alla locuzione “mangiare la foglia” sono attribuite varie tradizioni antiche.

ulisse

Nell’ “Odissea” di Omero, per esempio, compare il tema della foglia.

Si tratta dell’episodio in cui Ulisse, prigioniero della maga Circe, si rende conto del segreto che permette alla maga di trasformare gli uomini in bestie e, per evitare che la maledizione si abbatta anche su di lui, decide di mangiare una foglia donatagli dal Dio Ermes che lo renderà immune e gli permetterà di continuare il suo viaggio.

“Mangiando la foglia” Ulisse intuisce le reali intenzioni della maga e può così opporsi e combatterla.

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L’espressione potrebbe inoltre riferirsi all’abitudine dei bachi da seta di assaggiare le foglie per verificarne la commestibilità, ma anche all’antica usanza dei pastori di controllare l’erba dei pascoli in cui facevano mangiare le loro bestie, assaggiandola prima, per valutarne la qualità.

 

Secondo un altro punto di vista si fa riferimento alle abitudini degli animali da pascolo che inizialmente bevono solo latte materno per poi mangiare erba e foglie, una volta cresciuti. Lo stadio della maturità sarebbe quindi associato al cambiamento di abitudini alimentari.

Allo stesso modo l’uomo che ‘mangia la foglia’ avrebbe acquisito una maturità tale da capire anche i messaggi sottintesi di un discorso.

 

 

Cosa significa ” A Ufo”?

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Se vi siete già imbattuti nell’espressione ” A ufo”  e vi siete chiesti cosa significhi esattamente, sappiate che non ha nulla a che vedere con gli strani oggetti volanti non ben identificati di cui c’è ampia letteratura. Scendiamo quindi dalla volta celeste e avviciniamoci all’ambiente acqueo, fluviale per maggior precisione.

Facciamo un passo indietro nella storia e precisamente torniamo alla fine del XIV° secolo quando ebbe inizio la costruzione del Duomo di Milano.

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Il 15 marzo 1386, l’arcivescovo di Milano, Antonio da Saluzzo, pose la prima pietra del nuovo Duomo della città, che in origine doveva essere un grande edificio di mattoni rossi, tipico del gotico lombardo. Tuttavia, l’anno successivo, Gian Galeazzo Visconti si accordò con l’Arcivescovo per una costruzione in marmo, per non esser da meno delle grandi cattedrali europee del tempo. Il Duca mise a disposizione le Cave di Candoglio, concedendo che il marmo fosse trasportato gratuitamente fino a Milano via fiume.

Fonte: http://www.duomomilano.it/it/infopage/ad-usum-fabricae--auf-larca-dei-saperi/0a423925-89dc-4f31-a39e-321a85f37e3c/

Per essere riconosciuti, i barconi venivano quindi contrassegnati con le lettere AUF (acronimo di “Ad Usum Fabricae”); ne nacque così l’espressione “a ufo” , e cioè gratis, in quanto queste imbarcazioni erano esentate dai pagamenti daziari.

 

La locuzione latina “ad usum fabricae operis”, cioè destinato ad essere utilizzato nella fabbrica, abbreviata in AUF o AUFO, venne analogalmente usata per i barconi che trasportavano i materiali per la costruzione del Duomo di Firenze, provenienti da varie parti della Toscana.

duomo Firenze

 

Attualmente, questa espressione ha tuttavia assunto una connotazione negativa; usata anche nelle varianti “a uffo”, “a ufa”, ha infatti il significato di “a sbafo”, “senza pagare”, “a scrocco”, lontano quindi dal significato originario di gratis.

Attenzione quindi quando la usate..

 

“È tutto un altro paio di maniche”

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La scorsa settimana, durante la visita al Castello di Malpaga, ho avuto modo di spiegare l’origine dell’espressione “È tutto un altro paio di maniche”.

Questa espressione, molto utilizzata ai giorni nostri  quando si intende dire “è tutt’altra cosa”, “è tutt’altra questione”, arriva dal Medioevo. 

In epoca medievale gli abiti, soprattutto quelli femminili, avevano maniche staccabili e intercambiabili. Ciò permetteva di poter indossare le maniche adatte, a seconda delle diverse occasioni, senza dover ogni volta cambiarsi d’abito. Ricordiamo inoltre che fare il bucato era un’incombenza molto faticosa e veniva spesso risolta con l’utilizzo delle maniche intercambiabili. Avere delle maniche di scorta era infatti molto comodo e vantaggioso, in quanto erano la parte più soggetta a sporcarsi rispetto al resto del vestito.

Le maniche erano anche una chiara indicazione dell’appartenenza sociale: più raffinate erano, più alto era il ceto sociale.

In casa si potevano indossare maniche più modeste, per uscire invece si indossavano maniche più elaborate ed infine in occasione di visite particolarmente importanti oppure di feste, le dame erano solite indossare maniche riccamente ricamate e adornate con pietre preziose.

Le maniche erano anche un pegno d’amore: i fidanzati avevano l’abitudine di scambiarsele. Un gesto che equivaleva al moderno anello di fidanzamento.
In caso di rottura del fidanzamento, avveniva la reciproca restituzione delle maniche donate in precedenza. Il gesto certificava una situazione nuova: si era liberi di prendere una nuova direzione di vita. Allora, appunto era il momento di “un altro paio di maniche”.

 

 

 

CIAO

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CIAO: Che origine ha il saluto più usato al mondo?

Non esiste italiano che non pronunci la parola ciao almeno una volta al giorno. Ciao è anche una delle poche parole del nostro vocabolario conosciute all’estero.

E’ una forma di saluto amichevole e informale usata nella lingua italiana sia all’incontro che alla separazione verso persone a cui diamo del “tu”, mentre in situazioni più formali si useranno forme meno dirette come “buongiorno”, “arrivederci”, “salve”, etc…

In origine questo saluto era tutt’altro che confidenziale, esprimeva totale sottomissione e rispetto!

La parola Ciao viene infatti dal dialetto veneto, precisamente da s-ciavo. S-ciavo (successivamente contrattosi in s-ciao e poi in ciao) significa ‘schiavo’, ed era usato dai servi nell’atto di rivolgersi verso i loro padroni nella Venezia del ‘700. Il significato del saluto, com’è facile intuire, equivaleva a: ‘servo tuo’, ‘ai vostri ordini’.

L’espressione «schiavo vostro» o «servo vostro», comune secoli fa, si ritrova, tra l’altro, nelle commedie di Goldoni (1707-1793). 

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Ma l’amore, ironia della sorte, fece sì che il termine schiavo passasse poi a chi metteva il suo cuore al servizio di una donna, al cavalier servente, al cicisbeo, all’innamorato, tanto che a Venezia, i più appassionati amanti si dicevano “schiavi” della dama e poiché lo dicevano in veneziano stretto, ecco che l’espressione era “”s’ciavo“, cioè “schiavo” (sottinteso: vostro)! All’epoca della Repubblica di Venezia diventò usanza salutare in questo modo, senza distinzione di classe sociale.

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A partire dall’Ottocento si diffuse come saluto informale dapprima in Lombardia, dove venne alterato assumendo la forma “ciao” e fu proprio la forma lombardizzata “ciao” a fare fortuna e nel secolo successivo diffondendosi in tutta la Penisola.

Il termine originale s-ciào esiste ancora in veneziano e nei dialetti veneti, usato come esclamazione o per esprimere rassegnazione e nel dialetto bergamasco, bresciano e ticinese (Svizzera italiana) per esprimere sollievo per uno scampato guaio.

La parola Ciao si è diffusa nel mondo a seguito delle migrazioni degli italiani, è una delle parole della lingua italiana più conosciute al mondo ed è entrata come saluto informale anche nel lessico tedesco, francese (tschao), ungherese (csáo), lo spagnolo (chao), portoghese (tchau), albanese (çao/qao), bosniaco  (ćao), bulgaro, macedone, russo (чао  / čao), ceco, lettone (čau), esperanto, slovacco, sloveno (ĉaŭ), estone (tšau), lituano (čiau), maltese (ċaw), rumeno (ciau), serbo, croato ( ћао,  ćao ), turco (çav), vietnamita chào.

 

Adattato da Wikipedia, Focus, Una parola al giorno

Grazie – Prego

grazie

 

“Grazie” è la parola più usata  e comune in italiano per ringraziare  e corrisponde all’inglese “Thank you”.

Tuttavia, è  bene conoscere in quanti altri modi possiamo esprimere la nostra gratitudine in Italiano.

grazie mille / mille grazie thanks a lot
grazie infinite thank you very much (polite)
tante grazie many thanks
grazie di cuore thank you so much / sincerely
grazie di tutto thanks for everything
ti ringrazio I thank you (singular informal)
La ringrazio I thank you (singular formal)
vi ringrazio I thank you (plural)
grazie tante (in senso ironico) many thanks (ironc)

prego

A “grazie” si risponde generalmente con “Prego”, ma ci sono anche altri modi:

prego you’re welcome
di niente / di nulla (it was) nothing
non c’è di che there’s no need to thank me
figurati think nothing of it
Si figuri think nothing of it (formal)
ma di che but what for
non dirlo neanche don’t even mention it
ci mancherebbe altro think nothing of it